La Fiera Delle Illusioni - Nightmare Alley
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Già, perché in La fiera delle illusioni ci sono ancora dei mostri, ma meno visibili rispetto al passato: qui i mostri sono dentro di noi in un costante sprofondare in un abisso simbolico e concettuale, in cui sono le ombre a rivelare molto di più delle luci. Il lato dark si fa sempre più pressante nella seconda parte, fino a raggiungere il suo apice nella potente conclusione.
In base alle decisioni sulla finestra di release stabilite dalla Disney, La fiera delle illusioni, tenendo conto delle varie date di release cinematografica dei differenti mercati, arriverà in streaming su Disney+ dopo 45 giorni di permanenza in sala (ECCO I DETTAGLI).
Arrivati ai titoli di coda di La fiera delle illusioni - Nightmare Alley si prova una strana sensazione appiccicosa, che come una goccia di pioggia si è appoggiata sulla fronte e non accenna ad asciugarsi. Il nuovo film di Guillermo del Toro, nella sua dimensione da noir puro, che sembra provenire dalla Hollywood classica degli anni Quaranta (e, a questo proposito, chissà se anche in Italia potremmo vedere la versione in bianco e nero), sembra rifuggere dai classici stilemi del regista messicano. In questo film è totalmente assente il fantastico, ancorando l'opera al terreno (ci torneremo presto su quest'aspetto), così come mancano i mostri e le creature del soprannaturale, vero e proprio leitmotiv della filmografia del nostro. Eppure, scavando sotto la superficie, questo adattamento del romanzo di William Lindsay Gresham corrisponde perfettamente alle tematiche care a del Toro, ponendosi come nuovo tassello, più maturo e adulto, anche più raffinato, nel suo corpus di opere. È ambientato nel passato, durante i primi anni della Seconda Guerra Mondiale (e chissà se il suo Pinocchio, in uscita a dicembre su Netflix, che è ambientato nello stesso periodo storico vedrà qualche collegamento tematico), ma qualcosa sembra legarlo alla contemporaneità. Forse abbiamo trovato i motivi che stanno dietro quella sensazione sporca che La fiera delle illusioni ci ha lasciato. Forse il significato del film riguarda tutti noi.
Dove sono i mostri nell'ultimo film di del Toro Sono esattamente di fronte a noi. Anzi, potremmo persino dire che i mostri siamo noi. E se usiamo il plurale, è perché La fiera delle illusioni, pur essendo ambientato negli anni Quaranta, sembra fare un discorso sulla realtà contemporanea. Negli ultimi mesi abbiamo avuto modo di notare come alcuni registi, che data la carriera e la loro nomea, potremmo racchiudere per chiarezza sotto il nome di "vecchi maestri" siano stati colpiti più del previsto dalla situazione pandemica e dagli sviluppi dell'industria. Registi che si sono visti costretti ad abbracciare i dispositivi domestici e le piattaforme streaming, pur di dar vita alle loro visioni. E se così non è stato per alcuni nomi come Spielberg o lo stesso del Toro, gli incassi al botteghino dei loro nuovi film hanno dimostrato che, forse, si è perso un certo tipo di pubblico per un determinato tipo di film. Sicuramente, questo cambio di abitudini e di fruizione, questo nuovo panorama è percepibile anche dagli stessi autori, che con i loro ultimi film danno la sensazione di aver riflettuto sulla contemporaneità di oggi. Nel caso di del Toro, La fiera delle illusioni nasconde un messaggio che potrebbe non piacere agli stessi spettatori. Perché la favola che si racconta Stan, a sé stesso e a chi lo circonda, assomiglia molto alla dimensione dei presunti influencer. Non i pochi che sono riusciti a elevarsi davvero nel mondo dei social, ma la maggioranza, chi sceglie di raccontare la propria illusione online, autoconvincendosi della propria unicità. Il circo dei baracconi di Clem è sotto gli occhi di tutti e, nessuno escluso, siamo sia spettatori delle attrazioni che le attrazioni stesse.
Cicatrici sfoggiate come medaglie, frasi a effetto come "è successa la vita" per catturare l'empatia, finte relazioni d'amore per dimostrare affetto e seguire gli interessi personali. La fiera delle illusioni è quella a cui scegliamo di credere, quella che scrolliamo costantemente sullo schermo dello smartphone, quella che raccontiamo per una decina di like. Protagonisti della propria storia inventata, diventiamo attori che non riescono più a scindere la realtà vera, quella terrena, da quella propria distorta. Ci si eleva come la macchina da presa, per raggiungere una dimensione quasi divina, rifuggendo dallo sguardo del vero "mostro", il feto esposto nella tenda di Clem, Enoch. È il suo occhio, che come nei dipinti sembra continuamente seguirci, a giudicare: il giudizio di Dio. Non a caso è su Enoch che iniziano a comparire i titoli di coda, rivolgendosi direttamente allo spettatore. È un film cattivo, aspro e disilluso quello di del Toro, che si conclude con una risata beffarda nei confronti del pubblico. Una risata di pazzia che raffigura, visceralmente, l'estrema caduta, soprattutto etica e morale. Perché se non c'è nulla di meno umano che essere dei mangia-bestie, ancora di più lo è diventare una bestia mangiata.
La fiera delle illusioni - Nightmare Alley di Guillermo del Toro è arrivato nei cinema italiani mentre in patria sta per ritornare in sala nella versione in bianco e nero, dopo una strategia di lancio criminale.
Metto in una scatola le questioni distributive e vi parlo unicamente de La fiera delle illusioni - Nightmare Alley, film tratto dal romanzo omonimo del 1946 scritto da William Lindsay Gresham e portato al cinema nel 1947 da Edmund Goulding.
La fiera delle illusioni - Nightmare Alley non fa eccezioni e Guillermo del Toro, adattando in sceneggiatura con Kim Morgan il libro di William Lindsay Gresham, dipana il suo racconto più oscuro e crudo della sua carriera.
La fiera delle illusioni - Nightmare Alley racconta quindi una vicenda la cui moralità va ricercata nelle ombre di una società che passa dai trucchi di un circo alle bugie del mondo civilizzato fatto di uomini e donne ben vestiti chiusi in luoghi di potere, ingenuità ed egoistiche speranze.
La fiera delle illusioni - Nightmare Alley, tuttavia, salvo che una seconda visione mi faccia cambiare idea, per quanto affascinante e per quanto renda essenziali tutti i suoi protagonisti, anche il piccolo ruolo di Holt McCallany, non riesce a sedersi sulla teca dei noir o neo-noir imprescindibili.
La fiera delle illusioni - Nightmare Alley di Guillermo del Toro è una straordinaria visione, un balsamo per un Cinema che sembra aver dimenticato interi generi, filoni, vie del racconto e che gode quasi nel suo essere quasi sempre unicamente opera di consumo istantanea. 59ce067264